Cio che accade - macchia, segno - o grido che si è tracciato una strada nei risvolti segreti dell’anima, bolla d’aria dalle iridescenze d’infanzia - con il sapore del fiore e l’asprezza delle profondità del ventre - fiori mostruosi, in fondo,su un terreno di viscere, e già in un primo grido, un primo soffio, la sete dei campi, il desiderio folle di verde per illuminare uno sguardo, per inebriare un’anima, venuto da molto lontano attraverso un duro cammino, malgrado i suioi sassi, i suoi fossi, i suoi trabocchetti, le sue trappole di cenere, i suoi baratri di elemosine insolenti, di sgradi biechi, e di parole che feriscono fino al midollo, il colore della collera si insinua, quasi verognoso, goffo schermisce se stesso, perchè il sapere ha la pauro per fardello, e soptrattutto ha orrore della solutidine.
Parlo di orrori, perchè a forza di pascersi di noi stessi, detestiamo la conscienza dei nostri limiti ? Scarabocchi, invece di parole appropriate, a scapito della grammatica, sfidanti i silenzi che si affermano in crescendo intorno a questa fogna, tinta di blu come l’aurora su el mare, e del nero disperato della notte, qando non si ha più speranza, gli occhi, chiusi, letargo nel dolore. Jean Raine ospitato dai propri demoni, trasportato nelle loro danza grotesca, carnevale di maschere rosse e gialle essudanti brandelli di carne, pochè il corpo si è tracciato dei meandri vegetali attraverso le liane de giorni e le foreste folli di essere vergini.